CARNEVALI IRPINI
I carnevali che si svolgono nei
comuni della provincia di Avellino sono numerosi e diversi tra loro. Ogni comune
ha il suo carnevale. Le roccaforti sono: l’area dell’Alta Irpinia con Montemarano,
Paternopoli, Gesualdo, Castelvetere, Castelfranci e Volturara Irpina;
l’area dell’hinterland di Avellino con la Zeza di Bellizzi
Irpino, di Mercogliano, di Monteforte Irpino, Cesinali e Forino;
l’area del Montorese con Montoro Inferiore e Superiore; l’area del
Vallo di Lauro e del Baianese con Taurano, Baiano;
l’area della Valle Caudina con Cervinara.
Essi conservano spontaneità, usi e
originalità tramandati nei secoli e sono molto sentiti dalle popolazioni.
Resistono con facilità alle contaminazioni commerciali. Pertanto i carnevali
irpini si caratterizzano per la tipicità in quanto espressione genuina del
territorio e si basano su una ricca varietà e cioè sulla tarantella di
Montemarano, sulle Zeze, sul ballo n’treccio, sul palo d’amore e sui carri allegorici.
E’ tutto il popolo che partecipa ed
è proprio il coinvolgimento e la spontaneità della gente comune che fa sentire
viva questa tradizione.
E’ una festa che unisce giovani e
anziani, famiglie povere con quelle benestanti.
BAIANO
Il carnevale inteso come una forma di
spettacolo folkloristico,
nasce nel XVI secolo e trova come
area di influenza l’Italia meridionale. Da ciò si evince come questo abbia
assunto nelle varie città e paesi aspetti a dir
poco peculiari e differenti.
Infatti il carnevale baianese non risente solo dell’ influenza
dell’Irpinia, ma anche quella appartenente
all’area partenopea; basti pensare come quegli spettacoli itineranti quali ‘I
Mesi, ‘la Zeza’, ‘il Laccio
d’amore’ e la varie tipologie di Tarantella , rispecchiano l’intera realtà
regionale. Sono forme di spettacolo in versi , recitate o cantate da persone comuni
che smettono di indossare quelle ‘maschere
serie proprie della vita quotidiana e adottano quelle del sano divertimento.
Si tratta di un aspetto molto importante e che non deve essere
sottovalutato; ma non
bisogna dimenticare che esso esprime anche una situazione di divertimento, che si
concretizza attraverso il travestimento, le maschere e le sfilate dei carri
allegorici. In passato le tradizioni carnevalesche fondate sugli aspetti appena
citati, stavano per cadere nel dimenticatoio; ad eccezione di qualche tangibile
e sporadica rappresentazione realizzata nella città di Baiano negli ultimi decenni.
Quindi si è capito che la vera identità di un popolo è fondata
anche sugli aspetti folkloristici,
e si è cercato di dare maggior rilevanza a questo
aspetto, ed ecco che la Pro-loco cercando di dar dignità al Carnevale,
ne ha ricreato le basi.
Ciò ha comportato un ‘rifondazione della
rappresentazione, che è iniziata già dagli anni ’90 e che oggi può vantare un carnevale tra
i più significativi e spettacolari della provincia. Spettacolare perché si è cercati
di unire le istanze delle passate edizioni con quelle
moderne, aggiungendo non solo la rivalutazione della Zeza, dei Mesi connotandole di nuove
chiavi di lettura, ma anche quello dell’aspetto più moderno e di nuova concezione per il nostro carnevale determinato
dalla presenza dei carri allegorici.
Ricreare il patrimonio del passato non è stato un percorso lineare, ma irto d’ostacoli, poiché la posta in gioco non
era il semplice cambiamento d’abiti o testi, ma la rivalutazione dell’intero
patrimonio culturale.
Attualmente la Pro-loco non rappresenta solo quelle tradizioniimpermeate sulla
realizzazione dei “Mesi”, "Laccio d’amore", "Zeza" e
“Tarantella”, ma l’attività svolta spazia in ampio raggio promuovendo anche i più moderni carri
allegorici, che rappresentano non solo l’identità del paese, ma quella
dell’intera società italiana.
BELLIZZI IRPINO
A Bellizzi sono gelosi della propria “Zeza” quasi
quanto Don Zenobbio
lo è della sua Porzia. Diventa quindi estremamente difficile e
complicato , senza l’aiuto di donne intriganti e ruffiane ,
scandagliare il panorama, il mondo che c’è dietro questa meravigliosa
commedia del Carnevale per tentare di capire cosa la tradizione
custodisca , quale impenetrabile segreto nasconda. E diventa
impossibile , addirittura , quando si cerca di portare alla luce i
frammenti più solidi dell’antico rito ,il testo per esempio. Una
gelosia che cela timidezza ma soprattutto l’orgoglio di chi sa di
essere una minoranza ed il timore , fondato di vedersi
poi espropriati
finanche degli ultimi possessi.
I personaggi tutti uomini ovviamente ,
e dovuto al fatto che all'epoca era impensabile che una donna potesse
pertecipare ad una manifestazione di strada , i monili a volte anche
preziosi, negli anni passati venivano presi in prestito dalle famiglie
benestanti del paese in cambio di pegni o cauzioni , il Capo Zeza poi
figura carismatica e fulcro della Zeza con la sua sciabola impartisce
ordine ai zezaiuoli in un maccheronico francese dialettizzato che solo
i zezanti intendono.
LA ZEZA
PERSONAGGI:
PULCINELLA
PADRE
ZEZA
MADRE
PORZIA
FIGLIA
DON ZENOBBIO DOTTORE
GERONIMO
PESCATORE
DON BARTOLO GIARDINIERE
COSETTA
FIORAIA
1° CACCIATORE
2° CACCIATORE
3° CACCIATORE
4° CACCIATORE
La scena si svolge presso la casa colonica di Pulcinella.
La commedia del carnevale finisce in danza gioiosa ,
dalle aristocratiche pretese ,Pulcinella ferito dalla fucilata sparata
dal pretendente Don Zenobbio in mezzo alla pancia ,ha
dato finalmente il consenso alle nozze della figlia Porzia
. Donna Zeza ,intrigante,e ruffiana, c’è l’ha fatta.
Ora si balla.
Esplode quindi il ballo , “
CARIFE
La romanza in oggetto ha
per protagonisti sei personaggi di ruolo e un numero imprecisato di persone che
dopo la recita formeranno il corpo di ballo.
I personaggi principali sono:
PULCINELLA, il padre dispotico e geloso, non gli sta bene niente e
nessuno;
“ZEZA”, la madre che vorrebbe ad ogni costo sposare la figlia;
PORZIA, la figlia condizionata dalla madre e infatuata del
marinaio;
IL MARINAIO, rappresentato come tale perché cerca una donna in
ogni porto;
DON ZINOBIO, il guappo del paese che è in contrasto con Pulcinella;
DON NICOLA, il medico del paese che è da tempo innamorato di Porzia.
Il fatto si svolge in un piccolo paese in provincia di Avellino
all’epoca della dominazione borbonica in Campania.
La rappresentazione inizia in piazza (si potrebbe realizzare anche
al coperto) ed è cantata nel dialetto avellinese dai vari personaggi che si susseguono
ed è accompagnata da maestri musicali.
I personaggi oltre al canto, mimano l’azione di modo che in alcuni
casi diventa anche esilarante in altri tragica in altri ancora allegra e anche
sarcastica.
Termina con il matrimonio del dottore con la figlia di Zeza e
l’unione con la famiglia di lei.
Dopo la conclusione della rappresentazione canora come alla fine di ogni
matrimonio entrano in scena i personaggi del corpo di ballo, i quali si
cimentano in una quadriglia con moltissimi intrecci e figure coreografiche di
grande spettacolarità.
La durata di ogni manifestazione completa sarà di
circa 90 minuti che volendo possono essere ridotti
CERVINARA
Il Carnevale Cervinarese, è divenuto un appuntamento ormai
consolidato dal 1984 quando comparse la ‘Ndrezzata,
una versione tipicamente Cervinarese della più famosa Ischitana. La danza consiste nell'alternato incrocio tra
numerosi gruppi di coppie. Tutti impugnano bastoni corti e robusti, a modo di
lancia. Il "caporale" (una specie di regista della danza che
impartisce ordini e segna il ritmo) dirige le battute, suggerisce il primo
verso di ogni strofa cantata (l'amore per la donzella, la paura dei
saraceni, il rifugio sul Monte Epomeo, le
difficoltà del lavoro, le speranze per una vita migliore), impone le cadenze in
un vortice di bravura e di agilità che richiede ritmi e tempi sempre più
svelti. A questa si affianca
Quindi si è capito che la vera identità di un popolo è fondata
anche sugli aspetti folkloristici, e si è cercato di dare maggior
rilevanza a questo aspetto, ed ecco che la Pro-loco cercando
di dar dignità al Carnevale, ne ha ricreato le basi.
Ciò ha comportato un ‘rifondazione
della rappresentazione, che è iniziata già dagli anni ’90 e che
oggi può vantare un carnevale tra i più significativi e spettacolari della
provincia. Spettacolare perché si è cercati di unire le istanze delle
passate edizioni con quelle moderne, aggiungendo non solo la rivalutazione
della Zeza, dei Mesi connotandole di nuove chiavi di lettura, ma anche
quello dell’aspetto più moderno e di nuova concezione
per il nostro carnevale determinato dalla presenza dei carri allegorici.
Ricreare il patrimonio del passato non è stato un percorso lineare, ma irto d’ostacoli, poiché la posta in gioco
non era il semplice cambiamento d’abiti o testi, ma la rivalutazione
dell’intero patrimonio culturale.
Attualmente la Pro-loco non
rappresenta solo quelle tradizioni impermeate sulla
realizzazione dei “Mesi”, "Laccio d’amore", "Zeza" e
“Tarantella”, ma l’attività svolta spazia in ampio raggio promuovendo
anche i più moderni carri allegorici, che rappresentano non solo l’identità del
paese, ma quella dell’intera società italiana.
CESINALI
La romanza in oggetto ha per protagonisti sei personaggi di ruolo
e un numero imprecisato di persone che dopo la recita formeranno il corpo di
ballo.
I personaggi principali sono:
PULCINELLA, il padre dispotico e geloso, non gli sta bene niente e
nessuno;
“ZEZA”, la madre che vorrebbe ad ogni costo sposare la figlia;
PORZIA, la figlia condizionata dalla madre e infatuata del
marinaio;
IL MARINAIO, rappresentato come tale perché cerca una donna in
ogni porto;
DON ZINOBIO, il guappo del paese che è in contrasto con
Pulcinella;
DON NICOLA, il medico del paese che è da tempo innamorato di Porzia.
Il fatto si svolge in un
piccolo paese in provincia di Avellino all’epoca della dominazione borbonica in
Campania.
La rappresentazione inizia in piazza (si potrebbe realizzare anche
al coperto) ed è cantata nel dialetto avellinese dai vari personaggi che si
susseguono ed è accompagnata da maestri musicali.
I personaggi oltre al canto, mimano l’azione di modo che in alcuni
casi diventa anche esilarante in altri tragica in altri ancora allegra e anche
sarcastica.
Termina con il matrimonio del dottore con la figlia di Zeza e
l’unione con la famiglia di lei.
Dopo la conclusione della rappresentazione canora come alla fine
di ogni matrimonio entrano in scena i personaggi del corpo di ballo, i quali si
cimentano in una quadriglia con moltissimi intrecci e figure coreografiche di
grande spettacolarità.
La durata di ogni manifestazione completa sarà di circa 90 minuti
che volendo possono essere ridotti.
FORINO
Il carnevale di Forino si festeggia similmente ai paesi confinanti.
Si distinguono nella
tradizione forinese: la Zeza con i mestieri, la storia di
Carnevale,
La canzone di Zeza
La “Zeza” è una
rappresentazione tipica di tutti i paesi dell’Irpinia e della Campania in
generale, essa da paese a paese può cambiare il nome dei personaggi
e le battute dei dialoghi, ma ha alla base sempre lo stesso
canovaccio. Come è noto l’azione
si avvale di quattro personaggi principali: Pulcinella, sua moglie Zeza,
da cui deriva il nome dell’intera rappresentazione, la figlia Vicenzella e don Nicola pretendente della mano
di Vicenzella. La storia narra delle vicende di
Pulcinella, padre geloso e tanto innamorato della figlia che non vuole farla
sposare, contrariamente alla
moglie Zeza, donna intrigante e ruffiana, che fa in modo che Vicenzella si incontri e scambi la promessa di matrimonio
con don Nicola dottore (o studente) in legge.
La Zeza di Forino è in alcune parti cantata ed
in altre recitata, è accompagnata dalla “banda piccola” dal ballo ‘o intreccio
e da vari “personaggi”. Tutto insieme l’intero gruppo di commedianti e di ballerini
ha costumi e cerchi coloratissimi che li rendono molto caratteristici e
allegri. Accanto ai personaggi della Zeza ( Zeza, Pulcinella,Vicenzella, don Nicola e lo Scrivanotto) ci sono a Forino anche quelli dei
mestieri, un tempo numerosissimi come lo scarparo,
il ramaro, ‘o pisciaiuolo,
‘o castagnaro, ‘o ricuttare,
‘o fravecatore, ‘a capere,
l’avvocato, ‘a lattare ‘o dottore, ‘o
primarie, ‘o cardinale, ‘o nutare,
‘o prevete e ‘a lavannare.
Insieme ad essi nel corteo carnevalesco si distinguono il cacciatore,
la donna col fuso, lo scalettaro e le fioraie
che regalano mimose e raccolgono le offerte che gli spettatori donano al
gruppo. Caratteristica è anche
La storia di Carnevale
Essa è una scenetta in cui si rappresenta il processo a Carnevale
e la sua condanna a stare in casa senza mangiare e bere e consegnare le chiavi
della dispensa. Carnevale rassegnato accettta la
sentenza del Giudice però prima vuole dare in sposa la
sua figlia che è ancora zitelluccia. A
contendersi la povera Zitelluccia sono
‘o Paglietto e ‘o Scrivanotto, ma sarà Pulcinella ad averla in moglie perché
(il testo recita)……”come sempre accade il terzo goderà”.
E’ un canto d’amore tra Pulcinella e Zingara ( Vicenzella)
IL carcere di Pulcinella
E’una brevissima rappresentazione in cui il Giudice camminando
intorno al carcere formato dai ballerini dell’intreccio, con a seguito Zeza, Vicenzella ed
altri personaggi, legge degli articoli con cui libera Pulcinella dalla
prigione.
MERCOGLIANO
CENNI
STORICI
(da “Mercogliano nei Secoli” di Stefano Della Pia, 1989)
“
E, così, fra battute e lazzi, tutti ospitanti e ospitati,
onoravano quel ben di Dio. Solo dopo la seconda guerra mondiale fu introdotto
l’uso della questua in denaro per sopperire alla spese
di allestimento sempre più care.
La tradizione riprese mercè l’interessamento
del compianto Generoso Tosone, affiancato da molti giovani, fra i quali: Giuseppe Iandoli,
barista, Ninuccio Tiano,
Salvatore Sapienza, Tullio De Biase, Giuseppe Dello
Russo, Domenico Sensale, Vittorio Dello Russo, Domenico ed Eufemio
Ruggiero, Calogero Di Gaeta, e da molti altri ai quali chiediamo venia per non
averli citati. Famoso per le sue “macchiette” e la sua arguzia è restato nella
memoria di tutti il compianto Ninuccio nelle vesti di
Don Nicola, Tullio e il compianto Salvatore nella loro parte di marinaio e di
coordinatori del ballo detto “intrezzata”, il
maresciallo Giuseppe non più tra i vivi, era inimitabile nella parte di Zeza,
Vittorio, assieme a suo fratello Giuseppe, nelle vesti del Gran Turco, ossia
Pulcinella, Eufemio, avvenente e canora Vicenzella, ossia Porzia, e
decine e decine di cacciatori e di pacchiane, nonché diavoli, morti, piccoli
pulcinella e maschere varie entrate man mano a far parte della
rappresentazione.
Nell’anno 1968 le Zeze furono
addirittura due, quella di Capocastello e quella del
Casale. Era rimasta una non mai sopita rivalità fra i “capocastellari”
e i “casalicchi”. Alla premiazione di Avellino, a
titolo di cronaca, vogliamo ricordare che il primo premio fu vinto dal
complesso di Capocastello, organizzato e diretto da Beniamino Izzo, Domenico
Sensale e dall’estensore di questa Storia di Mercogliano, con l’indispensabile
supporto economico del compianto Modestino Pagano e
sua consorte Colomba De Sapio.”
“Mercogliano nei Secoli”, WM edizioni, 1989
Nel 1971
MONTEFORTE IRPINO
“
In seguito fu introdotto l’uso della questua in denaro per
sopperire alla spese di allestimento sempre più care.
Con l’avvento degli anni settanta
Restano nel cuore dei montefortesi due
grandi della cantata di Zeza indimenticabili nelle “macchiette” il compianto Andrea
Valentino nelle vesti di Tatone e il compianto Gerado Pascale inimitabile nella parte di Zeza Viola, e
decine e decine di cacciatori di
pacchiane non più tra i vivi. Oltre alla cantata di Zeza va ricordato l’impegno
di Lidia, Angelina, Antonella, Pasquale ed Andrea che oggi curano oltre la
tradizione le esigenze dei giovani e quindi preparano carri allegorici
arricchiti da una esilarante coreografia.
MONTEMARANO
Il Carnevale è senza dubbio la più importante manifestazione
folcloristica di Montemarano.
Ha una tradizione secolare e ritorna, più spensierato che mai nei
tre giorni prima delle “Ceneri” con tradizionali esplosioni di gioia e di
divertimento.
Il Carnevale di Montemarano si distingue da tutte le altre
manifestazioni similari che si tengono nella zona e in tante altre parti
d’Italia e che pur hanno tanta rinomanza, per la spontaneità della
partecipazione della popolazione.
In effetti sono
tutti cittadini, dai più piccoli ai più anziani, che nei tre giorni del
Carnevale si travestono e si lanciano in una irrefrenabile danza al ritmo
frenetico della “Tarantella Montemaranese”, sfilando per le strade principali del
Paese. Il Carnevale ha inizio già con la ricorrenza diSant’ Antonio Abate, 17 gennaio, ed ha
termine la domenica successiva alle ceneri con “Carnevale Morto”, allorquando,
dopo il commiato funebre – ironico da Carnevale, ci si lancia in una ultima danza sfrenata fino alla rottura, a notte
inoltrata, della “Pignata”, dalla quale fuoriescono
biscotti e dolciumi, che simbolicamente rappresentano un buon auspicio per la
primavera che si approssima.
MONTORO INFERIORE
Il Carnevale ha origini molto lontane e ha i suoi “antenati” nelle
feste dell’antica Grecia dedicate al dio Dionisio e quelle dell’Antica Roma
celebrate in onore di Saturno.
Non si sa con certezza cosa significhi la parola “carnevale”.
Comunemente viene fatta derivare dall’espressione latina “carnem
levare” cioè “togliere la carne”, oppure dall’espressione “carni vale” cioè
“dire addio alla carne”. Ambedue i significati si adattano bene a questa
tradizionale festa popolare che precede immediatamente
Il carnevale ha avuto i suoi momenti di maggiore fulgore nei
secoli passati, quando il popolo doveva sottostare senza fiatare al pesante
giogo dei potenti. Nei giorni di carnevale la gente poteva finalmente dare
sfogo alle sue proteste e ai suoi desideri, con la tolleranza, se non con
l’approvazione, delle autorità. Per un breve periodo si realizzava una specie
di “mondo alla rovescia” in cui tutto era permesso: non esistevano più
differenze di stato sociale, si potevano criticare i nobili e i potenti, i
poveri potevano finalmente comandare e mangiare a sazietà, i servi si travestivano
da padroni, brutti da belli, vecchi da giovani, e viceversa.
Oggi il carnevale ha perso il carattere di protesta sociale,
trasformandosi in una festa popolare che lascia ampio spazio alle rievocazioni
storiche e al folklore, ma rimane comunque improntato a una sorta di allegria
collettiva .
Il Carnevale Montorese è rappresentato in modo dominante dalla
famosa “Zeza” unitamente al “Ballo dell’Intreccio”.
Con l’apertura del Carnevale del 17 gennaio di ogni anno, queste
figure danno inizio ai festeggiamenti per la grande festa popolare che vede
riuniti grandi e piccoli in una comune allegoria d’altri tempi.
Come ogni anno il Carnevale viene preparato dalle frazioni del
luogo e questa tradizionale e famosa mascherata viene organizzata per dare un
ruolo più marcato di veicolo di informazione della tradizione e del folklore
della nostra terra fuori dai tradizionali confini. È questo il compito da
assolvere ed è anche il messaggio da portare in altre regioni, province nonché
in tutte le piazze. Il carnevale resta un’espressione di cultura popolare della
nostra gente e noi vogliamo, come da ormai oltre cento anni, tenere vivo quest’enorme patrimonio con la rappresentazione della
“Zeza con l’Intreccio”.
La “Zeza” è una commedia brillante d’amore nella quale si rappresenta
l’arte intrigante e tipicamente femminile di combinare matrimoni.
“L’Intreccio” è invece un insieme di variopinti archi di fiori e
nastri portati in ballo da tantissimi giovani in costumi tradizionali
dell’epoca.
Con passi di danza che si tramandano da padre in figlio, il ballo
che viene rappresentato è di una bellezza unica.
Attorno alla “Zeza con l’Intreccio” ruotano tanti altri personaggi
e le maschere tipiche del carnevale irpino: “il
cacciatore”, “o’ scarpariell”, “a’ vecchia”, “e’ carneval”, “o’ falegnam”, “a
banda musicale”, “o’ zingariell”, “o’ stuccator”, “o’ pisciauol”, “o’ castagnar”, “o’ monaco”, “l’orso”, “o’ ricuttar”,
e tanti altri ancora.
Questa manifestazione non deve e non può essere intesa solo come
un momento di allegria, ma deve innanzitutto essere vista in un’ottica di più
ampio respiro, che ci aiuta a ricordare le cose belle ed a farci riflettere su
quelle che minacciano l’esistenza civile della società in cui viviamo.
MONTORO SUPERIORE
Indubbia è la ricchezza del Carnevale Irpino, che oggi si impernia
sulle feste di Avellino e Montemarano, l’una caratterizzata dalla recita della
“Canzone di Zeza”, l’altra dal ballo sfrenato in piazza. Eppure è stato
veramente poco studiato nell’ottocento, poiché l’interesse per la festa si è
svegliato dopo la grande stagione degli studiosi irpini di folclore, quelli
che, fra il 1870 e il 1880, si raccolsero intorno a Vittorio Imbriani e che da
lui ebbero il suggerimento di raccogliere testi lirici e canti popolari. Con il
nuovo secolo non si intensificò ma decrebbe l’interesse per il folclore in
genere, sebbene diverse furono le iniziative quali quelle
di Nicola Testa il cui intento era quello di ricordare opere degli studiosi
precedenti, ad esempio: TESTAMENTO DI CARNEVALE di
Luigi Cassitto, o addirittura creare un museo etnografico provinciale. Le prime
avvisaglie di un interesse specifico si hanno verso il quarto decennio del
1900, quando si era alle soglie della seconda guerra mondiale. Eppure tra i
testi carnevaleschi la lezione avellinese della “canzone di zeza”
avrebbe potuto godere di una certa risonanza. Avrebbe potuto giovare
l’attenzione che alla lezione napoletana aveva prestato Benedetto Croce.
Tuttavia nell’attuale panorama nazionale, reso poco vario dalla pretesa delle organizzazioni turistico- ricreative di volere
preordinare e regolamentare le fasi della festa, il carnevale irpino, pur
povero rispetto al passato, risulterà interessante per la persistenza di
manifestazioni riportabili direttamente, per l’ambiente montanaro naturalmente
conservativo anche in campo folcloristico, non solo linguistico. È stata data
nuova linfa alle molteplici varianti della già menzionata “Canzone di Zeza”; un
piccolo paese come Preturo Irpino ha recuperato la
sua “MASCARIATA”, uno spettacolo che si articola in canti lirici, in frase, in
zingaresca, come dovette essere la ormai dimenticata
rappresentazione di Montoro che portava lo stesso nome e com’è all’incirca la mascariata di Piazza di Pandola,
frazione di Montoro. Con l’azione delle Pro Loco, che
non assolvono solo una funzione di incentivazione ma giungono sino alla
preparazione e all’organizzazione della festa, il recupero si è fatto infido.
Affiora una certa volontà di riprendere la tradizione e di abbellirla. A tale
proposito risulterà meritorio il recupero della “Mascariata
preturese”. A Montoro, come altrove, il Carnevale è
stata sempre la ricorrenza più chiassosa e bizzarra che abbia mai ideato il
popolo. In questi giorni si dimenticano i guai, si cercano i divertimenti, si
permettono le satire e gli scherzi. Originale era il travestimento di persone
rappresentanti soggetti imitanti personaggi: alcuni di questi scherzi sono
eseguiti con una certa perizia artistica e, alle volte, offrono parodie argute
ed allegre, nonché macchiette della società e della vita.
PATERNOPOLI
C'è senza dubbio qualcosa di surreale nella tradizione del
Carnevale. E' una forma liberatoria delle angosce, attraverso la possibile
trasgressione, così dietro la maschera e nel vestito di occasione, si celano
sentimenti ed istinti, desideri e sogni spesso proibiti. Tutto cambia nel mondo
frenetico che porta all'avvenire, ma il carnevale no: mantiene intatte le sue
maschere di ieri, ne aggiunge altre che riflettono gli spaccati di attualità da
vivere burlescamente, attraverso una satira pungente e perciò spesso
trasgressiva. Sì, il carnevale è davvero la festa della satira. Ma c'è anche
chi ne fa una sfida e una competizione, proprio come accade a Paternopoli, che
da tempo intende conquistare il primato del miglior carnevale e non solo in
Irpinia, ma come tutti i carnevali irpini è originale.
Il Carnevale Paternese nasce per un gioco tra i vari artigiani del paese che
con il loro sacrificio e auto tassandosi crearono
L'affermazione sopra citata deriva dalla qualità obiettivamente alta, raggiunta
dai carri allegorici negli ultimi anni. Le tecniche di lavorazione della carta
pesta, della creta e del ferro si sono molto raffinati, senza contare l'ingegno
per realizzare i vari movimenti presenti sui carri.
I costruttori sono i giovani artigiani e appassionati che di anno in anno
portano in piazza idee diverse ed in perfetta sintonia con lo spirito e
l'allegoria della festa.
SERINO
Il carnevale a Serino è ‘A MASCARATA; colori, musica, ballo si
fondono nell’evento tradizionale più coinvolgente dell’anno. La valle si anima,
la gente si riversa per le strade invogliata dal clima di festa e dal desiderio
di far parte della lunga fila di uomini e donne, che indossano vestiti tipici
dai colori sgargianti e che sulle note di una musica frenetica e trascinante
ballano per il paese. Tutti partecipano alla festa: grandi e piccoli, uomini e
donne, giovani e meno giovani.
Nelle piazze e nei cortili i partecipanti danno sfogo a tutta la
loro energia eseguendo le figure della BOTTA1 e della ‘NDREZZATA2, accompagnati
da una musica che, in quel frangente, diventa ossessionante. Al termine della
faticosa esecuzione alcune famiglie offrono da bere e da mangiare per ristorare
i partecipanti e dar loro modo di riposare e recuperare le forze per poi
proseguire nelle danze.
‘A Mascarata viene riproposta nelle tre
domeniche precedenti il carnevale e il giorno di carnevale stesso chiude il
periodo di festa che precede la quaresima.
A cura dei volontari del servizio civile nazionale:
Claudio Pelosi, Maria Michela Sellitto,
Marianna Vistola
[1] La fila si avvolge a spirale in modo
tale che il capofila si ritrova al centro e con questa configurazione ruota più
volte in senso orario e poi antiorario.
2 Sull’ordine del capofila i ballerini, che tengono in mano dei
fazzoletti o nastri colorati utilizzati per formare la fila, si intrecciano
ruotando su se stessi in modo tale da trovarsi l’uno di fronte all’altro. In passato quando al posto dei fazzoletti o
dei nastri venivano usati degli archetti in legno adornati di fiori, questa
figura assumeva un aspetto più coreografico in quanto si veniva a creare una cupoletta variopinta sotto la
quale poi si passava per sciogliere ’intreccio.
TORELLA
DEI LOMBARDI
Il Carnevale, detto anche "carnovale" in alcune zone della nostra Irpinia, deriva dal Latino “carnem levare",
espressione che nel medioevo indicava l’inizio del periodo d’astinenza dal mangiare
carne, coincidente con la quaresima.
Come alcune delle festività del nostro calendario, le origini del
carnevale derivano da antiche feste romane: i Saturnalia, riti pagani della fertilità celebrati in onore
del dio Saturno. Durante tali festeggiamenti tutto era lecito, anche il
travestimento e lo scambio di ruoli. Con il Cristianesimo il carnevale modificò
sostanzialmente il suo carattere magico rituale, finché nel XV e XVI sec. alcune tradizioni furono
recuperate e si diffuse l’uso di maschere e di costumi pubblici.
Contrapposto alle feste religiose ufficiali, il Carnevale è
diventato” la festa del popolo”, luogo dell’ebbrezza e della musica, della
danza, degli scherzi e del divertimento.
Figura emblematica del Carnevale è la maschera, uno dei motivi più complessi e
ricchi di significato della cultura popolare: indossare la maschera è un modo
di uscire dalla quotidianità e di disfarsi del proprio ruolo per confondersi
nel turbine gioioso della festa….
Il Carnevale quindi è un fenomeno culturale e folcloristico molto
sentito in Irpinia e si presenta in forme diverse ed
originali. Il Carnevale Irpino è sì sinonimo di allegria
volta ad esorcizzare pene e angosce, ma ha anche una forte e complessa valenza
culturale. Gli strumenti che vengono usati durante il Carnevale sono
strumenti della cultura contadina come l'organetto, i tamburelli, il putipù, le
castagnette o i triccheballacche, una sorta di martelli lignei con sonagli.
E il Carnevale sinonimo di allegria in molti comuni della
Provincia di Avellino non termina con il Martedì Grasso ma si protrae sino alla
domenica successiva con
la rappresentazione della morte di Carnevale e lettura del
"Testamento", uno spettacolo unico e suggestivo che si protrae fino a
tarda notte.
E dopo aver parlato
delle origini del carnevale in Irpinia …….Scoprite
con noi il Carnevale Torellese…..
La festività del Carnevale, a Torella, ha inizio negli anni ’80
per rallegrare gli animi della popolazione colpita dal sisma, fino a diventare
negli anni una vera e propria tradizione.
Infatti soprattutto nei borghi del paese si da
vita a spontanei e chiassosi cortei che celebrano la morte di Carnevale.
Su un carro si poneva un fantoccio simboleggiante il Carnevale, ormai in fin di
vita. La moglie e i parenti lo piangono disperati, implorando l’intervento di
un medico. Armeggiando con vistosi ed estemporanei ferri chirurgici, il
sedicente luminare, tra un gesticolare animoso, non riusciva a fare di meglio
che estrarre dalla pancia del malcapitato Carnevale metri e metri di salsiccia.
Il corteo, ormai in preda alla disperazione, invoca Carnevale, re della
festa,chianjenno la sua immatura dipartita: criaturo mio, criaturo re
tutti quandamo muori e lassi a tutti.
L'accensione del rogo, intorno alla
Il Carnevale si conclude con canti balli e la degustazione di
piatti tipici.
VOLTURATA IRPINA
Seguiamo il cammino evolutivo del popolo volturarese
attraverso il vivo della tradizione espressa in canti, così come gli anziani
l’hanno narrata.
E’ grazie a loro che abbiamo la possibilità di mettere per
iscritto una tradizione che si va perdendo: quella del Carnevale con la “Zeza volturarese”.
Le sue origini risalgono al 1865, questa veniva sceneggiata in
occasione proprio del carnevale e ritraeva nel suo insieme il carattere “tipo”
di quella che era la condizione rurale volturarese.
La “Zeza” è una sorta di commedia musicale, mediante la quale si
avverte la povertà in cui viveva la gente del tempo che cercava di migliorare
la propria condizione attraverso il matrimonio. Infatti
è il miraggio del matrimonio che induce Zeza (la madre) a voler maritare “Vecenzella” (la figlia) con Don Nicola, benestante maestro
di scuola.
Si narra che le persone mascherate amavamo fare la “rota” (la
ruota), ossia ripetere vico per vico la commedia musicale.
La musica, accompagnata da organetti, era intonata su canti in
rime che risuonano la tarantella. Quel suono magico che arriva da lontano nella
notte dei tempi e si insedia stabilmente nell’Italia Meridionale,
condizionandone la cultura e le proiezioni future.
Sempre in occasione del carnevale si potevano vedere i “Travaccatori” uomini a cavallo, avvolti nei mantelli a
ruota, ornati di sciarpe di seta e maschera, percorrere al galoppo le vie del
paese e gettare con impeto confetti e caramelle.
I più soddisfatti in questa occasione erano i bambini che, a
schiera, correvano dietro i “travaccatori” per
raccogliere quelle piccole leccornie. La gioia dei bambini diventa
comprensibile se si pensa che in quel tempo la vita offriva a
stento il pane quotidiano.
L’impiego di maschere, tutte quelle con carattere infero, ci
ricollega alle feste dionisiache greche in cui il terzo giorno, si celebrava il
ritorno simbolico dei morti sulla terra.
Era un ritorno che provocava terrore. L’idea dei morti ci fa
pensare al giorno in cui, il personaggio principale del carnevale “il
fantoccio-re”, principio della licenza e del disordine, nella domenica
successiva il giovedì grasso, viene bruciato, come buon auspicio per l’anno
nuovo.
Durante i festeggiamenti del carnevale che durano tre giorni si
usa andare in giro casa per casa allo scopo di ottenere cose da mangiare e da
bere.
Il carnevale offriva ai meno agiati la possibilità di imbandire le
loro tavole con carne e più precisamente con polpette. Queste davano senso di
sazietà e venivano tanto gradite dal popolo. Il cibo in questi giorni viene
divorato con foga, tant’è che lo stesso carnevale muore per l’ennesima polpetta
che gli si arresta in gola per la troppa sazietà.
Le condizioni del tempo si intuiscono in rime, anche dal
“testamento” che Carnevale lascia: “quattro pecore
senza coda, una padella e una pentola”.
All’inizio del 1900 il contadino e il paesano accomunati dalla
stessa condizione non avevano altra scelta che emigrare nel tentativo di far
fortuna, conseguenza questa che insieme alla guerra portò alla scomparsa
graduale della tradizione della “Zeza”.
Altre testimonianze, solo descrittive, del Carnevale ci sono
pervenute grazie all’intervista concessa dal Sig. Calabrese Ciriaco detto
“Cannone”, che dall’età di undici anni, precisamente dal